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“Preserving the cultural heritage of Iraq: the contribution of the Italian archaeological missions”

Avviato il 5 aprile scorso, con la mostra “Preserving the cultural heritage of Iraq: the contribution of the Italian archaeological missions”, il programma culturale integrato “Italia. Culture. Mediterraneo”, presso il Centro Italo-Iracheno di Studi Archeologici, nel cuore storico di Baghdad. Dopo 15 anni di assenza di una vera e propria programmazione di appuntamenti culturali per l’Iraq, l’evento, inaugurato insieme al Vice Ministro della Cultura, Dr. Qais Hussein Rashid, e ai Direttori del Centro Italo-Iracheno (tra i quali il Professor Carlo Lippolis dell’Universita’ di Torino), costituisce un decisivo passo in avanti per la proiezione delle attivita’ culturali dell’Italia nei confronti del pubblico locale, in quanto prima parte di un programma che vuole includere iniziative cinematografiche, musicali, storiche e letterarie durante il corso dell’anno, da tenersi all’esterno della zona internazionale.

A due anni esatti dalla sua apertura, il Centro Italo-Iracheno per l’archeologia e’ stato la cornice ideale per dare l’avvio al programma e si conferma come un asset invidiabile per la promozione culturale italiana nel Paese. La cooperazione archeologica tra Italia e Iraq e’ sempre piu’ stretta e ha basi solidissime, in quanto l’impegno italiano nelle missioni archeologiche (ben sette scavi, dal Kurdistan alla regione di Nassiriya) e i risultati tangibili dei nostri archeologi hanno reso possibile un deciso rilancio delle attivita’ di protezione del patrimonio iracheno, attirando l’interesse degli stessi iracheni e anche delle missioni di altri Paesi. Se la scelta di dedicare il primo evento all’archeologia e’ sembrata naturale, visto il ruolo italiano di preminenza nel settore, gli eventi che seguiranno fino al termine dell’anno saranno intesi ad illustrare i principali ambiti della cultura italiana e abbiano un significato particolare, nel quadro degli sforzi di ricostruzione del Paese, come contributo e segnale di “normalizzazione”, soprattutto alla luce del tradizionale impegno italiano nella protezione e promozione del patrimonio culturale come volet di politica estera.

 

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