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Le operazioni militari per la riconquista di Fallujah: un importante banco di prova.

Nelle scorse settimane le forze militari irachene con il supporto delle unita’ delle Popular Mobilization Forces (PMF) e di alcuni gruppi armati a prevalenza sunnita, hanno dato il via all’operazione “Breaking Terrorism” per liberare Fallujah, una delle principali citta’del governatorato dell’Anbar, dal 2014 sotto il controllo dei miliziani del sedicente Stato Islamico. Nelle prime ore del 23 Maggio scorso, il premier Haider Al-Abadi riferendosi alla presenza di Da’esh a Fallujah ha affermato: “Non ci sono altre opzioni per Da’esh se non quella di andarsene!” dando cosi’ il via alle operazioni militari per accerchiare la citta’e, in seguito, entrare nel centro cittadino. Attualmente, le attivita’delle forze di liberazione sono ancora in corso, registrando considerevoli successi, primo fra tutti la possibilita’di accedere al cuore della citta’, teatro di aspri scontri.

La battaglia per la liberazione di Fallujah  e’di capitale importanza e costituisce una priorita’nella piu’ampia strategia di lotta contro Da’esh per due motivi principali: in primo luogo, Fallujah rappresenta una vera e propria roccaforte per il sedicente Stato Islamico, saldamenta controllata dal gennaio 2014, ben sei mesi prima che questo venisse proclamato con la caduta di Mosul, l’estate successiva. La sua liberazione, dunque, comporterebbe un ulteriore consistente indebolimento sul terreno per il gruppo  terrorista e aprirebbe le porte all’avvio dell’operazione che potrebbe sancire la sconfitta definitiva di Da’esh, ovvero lo scontro di Mosul; in secondo luogo, le operazioni militari legate alla liberazione di Fallujah rappresentano un effettivo banco di prova sia per il Governo centrale iracheno sia per le forze militari. In questo senso, un successo sul piano militare potrebbe portare il Primo Ministro iracheno Haider Al-Abadi, che tanto ha investito nella campagna di liberazione di Fallujah, a riacquisire credibilita’ sul fronte interno, dove si confronta con un’impasse politica e forti proteste popolari che indeboliscono la stabilita’ istituzionale del Paese. E sul piano prettamente militare, sara’qui che si potra’valutare la preparazione e la capacita’delle forze irachene di combattere in un’area influenzata da 13 anni di conflitti settari, potendo consolidare tecniche e modus operandi che potrebbero rivelarsi di capitale importanza nella battaglia finale a Mosul.

Permangono, tuttavia, molte zone d’ombra che destano preoccupazione e perplessita’l in termini di rischio di scontri settari e di emergenza sul piano umanitario. Sono in effetti circolate notizie di atti di violenza anti-sunnita che ssarebbero stati compiuti dalle milizie sciite, coinvolte nelle operazioni militari di accerchiamento ma formalmente escluse dalla partecipazione all’assalto finale nel cuore della citta’. Una soluzione cosi’individuata con l’intento di allontanare i timori di ulteriori tensioni post-Da’esh – chiaramente inconciliabili con l’auspicio di ricostruzione i istituzionale e riconciliazione nazionale – ma che si confronta con le difficolta’di uno scenario popolato da una molteplicita’ di attori.

Altro nodo estremamente problematico e’costituito dalla presenza di civili, tra i 50.000 e i 90.00 tra adulti e bambini, ancora bloccati all’interno di Fallujah. Nelle scorse settimane, circa 5.000 individui sarebbero riusciti nell’impresa di fuggire dalla morsa dei miliziani del sedicente Stato Islamico mentre le autorita’irachene e i partner internazionali hanno predisposto dei campi ad hoc che ospitano al momento circa 3.800 sfollati ( che sarebbero ormai prossimi al sovraffollamento) cui le agenzie ONU cercano di fornire tempestivamente assistenza sanitaria ed altri servizi di prima necessita’.